Studi e Ricerche
Ricerca sul Microcredito sociale in Italia (2002)
La ricerca è stata promossa dalla Fondazione Risorsa Donna con il contributo dalla Compagnia di San Paolo di Torino. Successivamente, con ruoli e supporti diversi, hanno collaborato alla realizzazione la Fondazione Cassa di Risparmio di Venezia e la Fondazione Salernitana Sichelgaita. L'obiettivo è stato quello di indagare (sulla scia di quanto era già stato realizzato in alcuni paesi in via di sviluppo seguendo il modello realizzato dal Prof. Muhammad Yunus con la Grameen Bank) se esistesse o meno uno spazio per sviluppare, in un paese industrializzato come l'Italia, attività di microfinanza nei confronti di una categoria sociale svantaggiata: gli immigrati, in particolare donne. Un secondo obiettivo che la ricerca si è posto - ovviamente subordinato al primo - è stato quello di identificare i possibili campi di azione delle Fondazioni bancarie nel settore del microcredito sociale nei confronti di soggetti sociali con particolare difficoltà di accesso al credito. A tal fine, il microcredito sociale è stato propedeuticamente individuato come uno dei possibili campi di intervento innovativo delle fondazioni di origine bancarie, nell'ambito dei settori individuati dalla legislazione di riferimento. Il lavoro ha utilizzato un approccio sostanzialmente empirico: partendo dai modelli collaudati nei paesi in via di sviluppo si è passati a censire, studiare e classificare le esperienze analoghe e più significative in materia di microcredito, realizzate però in paesi industrializzati. In tal modo è stato possibile ricavare alcune "regole d'oro" che l'osservazione empirica aveva evidenziato e che potevano tornare utili per progettare un intervento mirato in Italia. Successivamente si è proceduto a recuperare i dati e le cifre sull’immigrazione nel nostro paese. Attraverso analisi basate prevalentemente sulle ricerche della Caritas e dell'Istat, si è tentato di delineare le caratteristiche qualitatite e quantitative dell'immigrazione in Italia. E’ stato analizzato, inoltre, il ruolo dell'associazionismo nel processo di assistenza agli immigrati ed, in particolare, nell'erogazione di microcredito sociale. Il problema principale è stato quello di individuare e censire le centinaia di associazioni tra immigrati, che operano sul territorio italiano e che non sono “a sistema”: spesso operano senza una sede fissa e costituiscono di fatto delle strutture spontanee e volatili, ma comunque esistenti. La "volatilità" di molte di queste strutture rappresenta allo stesso tempo un limite della ricerca, ma anche una grande opportunità: vi sono ampi margini d’azione per chi dovesse decidere di lavorare alla creazione di un network di soggetti che, in questo settore, spesso non si conoscono tra loro, essendosi costituiti prevalentemente su base etnica. Grazie alla disponibilità di poco più di una ventina di associazioni di immigrati (prevalentemente di donne) che operano nei settori più diversi, sono stati distribuiti i questionari con i quali, tra l'altro, si richiedeva di segnalare altre associazioni similari. Ai questionari sono seguite delle interviste mirate. In ogni caso la ricerca si riferisce a circa trentamila persone (coinvolte più o meno direttamente). Uno spettro comunque significativo di un universo ben più grande e diversificato. Attraverso le impressioni, l'esperienza, la conoscenza e le segnalazioni dei loro opinion leaders e dopo aver incrociato le risposte, si è tentato di "misurare" il fenomeno del microcredito sociale. In particolare si è cercato di capire se vi fosse una domanda; quali fossero le finalità della richiesta di microcredito; come esso si articolasse all'interno delle varie comunità etniche; quale fosse - nel caso ve ne fosse uno - il ruolo delle banche italiane. Questo lavoro sul campo ha permesso di simulare " il percorso di vita dell'immigrato", dal momento in cui progetta di emigrare fino a quando emigra, cerca lavoro, si inserisce nella nuova società che lo ospita, cerca di avviare una attività autonoma o una micro impresa in Italia o decide di rientrare nel proprio paese di origine con i risparmi accumulati. Si è notato che ad ogni "stadio" di questo percorso, le esigenze dell'immigrato, e specificatamente della donna e della famiglia immigrata, cambiano e cambiano anche le finalità per le quali si ha necessità di microcredito: deposito anticipato per affittare una abitazione, spese mediche, funerali per riportare nel paese di origine un defunto, acquisto di un'auto, mutuo per acquistare una casa in Italia, anticipo per acquistare una casa nel proprio paese, formazione e studi dei figli, etc. L'elaborazione del materiale raccolto ha consentito di affermare che esiste "una domanda" di microcredito tra le comunità di immigrati, ma ovviamente non è ancora strutturata, e comunque incontra "una offerta", certamente insufficiente, che oscilla tra nobili atteggiamenti di filantropia e solidarietà (anche dei datori di lavoro italiani) e prassi, condannabili anche sul piano penale, che scivolano drammaticamente nell'usura, nella speculazione e nello sfruttamento. I risultati della ricerca sono stati presentati in un convegno svoltosi a Roma il 5 luglio 2002 presso l'Associazione Bancaria Italiana.
Donne e Microfinanza: una nuova via per lo sviluppo dei Paesi del Mediterraneo? (2005)
La ricerca, promossa da Fondazione Risorsa Donna, è stata realizzata nel 2005 con il contributo di International Management Group, Ministero degli Affari Esteri – Cooperazione Italiana allo sviluppo e Filas Finanziaria laziale di sviluppo, nell’ambito dell’Anno internazionale del Microcredito voluto dall’ONU. Dallo studio, che ha esaminato la realtà delle donne beneficiarie del microcredito in alcuni paesi del Mediterraneo (Marocco, Tunisia, Egitto, Libano, Giordania, Kosovo, Albania, Bosnia, Croazia, Spagna, Italia), sono emersi alcuni dati interessanti: il 70% delle donne che hanno avuto accesso al microcredito ha registrato un incremento del proprio reddito, ad eccezione di Spagna e Croazia dove il reddito è migliorato per circa il 65% delle donne beneficiarie, e all’Italia dove solamente il 32% ha potuto registrare un incremento del proprio reddito. L’incremento di reddito viene utilizzato per sanare debiti, ma soprattutto per migliorare la qualità di vita della propria famiglia; in particolare aumenta il consumo di cibo specialmente in Croazia, Giordania, Kosovo, Marocco e Spagna, dove il 20% delle donne intervistate dichiara di aver superato il problema della carenza di cibo grazie all’accesso al microcredito. In Kosovo, Giordania e Tunisia l’incremento del reddito ha migliorato le condizioni abitative per il 70% delle donne che hanno partecipato ai programmi di microcredito, cambiando così in meglio alcuni aspetti importanti per il loro tenore di vita. Lo stesso dato si abbassa al 60% in Bosnia ed Albania, mentre negli altri paesi risulta nettamente inferiore la percentuale di donne che abbia apportato migliorie alle proprie abitazioni. Secondo la Ricerca i programmi di microcredito hanno rappresentato un forte incentivo all’emancipazione femminile. In particolare per le beneficiarie del microcredito: la mobilità è aumentata in Marocco, Italia e Kosovo; la possibilità di decidere autonomamente rispetto agli acquisti è aumentata in Egitto e Albania; in Tunisia, Bosnia e Croazia è cresciuta la partecipazione delle donne alle decisioni familiari; in Giordania, Spagna e Bosnia è stato evidenziato un aumento del potere di contrattazione delle donne in seno alla famiglia. L’accesso al microcredito ha sviluppato l’attitudine a conciliare lavoro e famiglia soprattutto in Tunisia, Giordania ed Egitto lasciando, invece, invariata la situazione in Marocco, Bosnia e Italia.
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